Uh che meraviglia! E non si sa, le mogli? Fatte apposta per scoprire i difetti del marito. -Uno,nessuno e centomila -Luigi Pirandello

lunedì 21 novembre 2011

ParolechecisonoParolecherestanoParolechepassano

Mi hanno chiesto di fare un saggio sulla presenza della poesia nella società oggi. E' stato terribilmente strano, se vogliamo eccitante, è stato il primo saggio, una volta completato, che ho sentito per la prima volta mio. Tra le parole ed i pensieri di personaggi noti e meno noti, le mie risuonavano come tamburi in un concerto d'orchestra. Un filo logico prestabilito che fungeva da analisi ad un società malata alla radice, si sa, ma che alla poesia non riesce a dire basta. Non riesce a dire no, non ti voglio più, vai via. L'uomo che è poesia da quando nasce fin quando muore lo dimentica, è vero, ma non smette mai di esserlo.
" La poesia dei vecchi ha lasciato spazio ad una generazione che ruba."
La frase più mia, le parole più striette a me, che potessi trovare.
Sono io quella generazione, io rubo ogni cosa, rubo parole, attimi, rubo immagini, rubo persone con mente è cuore e non me ne vergogno. Che colpa ne ho se sono banale? Se ho bisogno di "rubare" per vivere? Una generazione che scorre, che la poesia e le lettere d'amore le sintetizza in messaggini con il cellulare, in messaggi privati su facebook( per fare i moderni).
Terribilmente futili, ma poesia è, poesia rimane. Anche se sconsacrata, ormai ripetiva, priva di tutti quei ma e sè che gli antichi ci avevano donato.
Rimane la poesia di due occhi che ti guardano, di due corpi che silenziosi s'incotrano. Di mani, braccia che viaggiano alla ricerca della loro poesia, del loro senso.
La malinconia la metto da parte, sta sera, la poesia è dentro chiunque è questo, più di ogni altra cosa, mi consola. E' dentro me, dentro te, dentro noi?


Francesca

sabato 19 novembre 2011

Vendesi me.

Voglia. Voglia infinita di parlare, comunicare, dire, ribadire, sorridere, tacere per ascoltare, e poi, ancora parlare, ancora vivere.
La storia banale, di una persona banale, che è comune a tutti, che è diversa da troppi. Noi, che diciamo di essere a seconda di quello che vediamo, siamo noi che potremmo essere mille cose.
Potrei essere una sognatrice, una pessimista, un’ egocentrica, un’egoista, un illusa, una nostalgica, una pudica, un essere senza arte ne parte, una spacciatrice d'emozioni messe a caso, potrei essere mille cose e altre mille ancora.
Mille me che si riflettono in un viso capace di dare vita ad espressioni diverse, fugaci, statiche, pronte.
Mille me dettate da una società che riflette un volto non mio, al quale potrei comunque appartenere.
Mille me, che sono le mille facce che assumo a seconda della gente che vedo. Impressione diversa per ognuna, una me per ogni parte.
E se ci chiedono della follia, poi, basta rispondere che la portiamo già in groppa, perchè con tutti questi me, noi voi e essi, rimane solo una terribile confusione.




(Manet-Il balcone)



Francesca